mercoledì 11 novembre 2009

Ghada su Repubblica

Francesca Caferri intervista Ghada per Repubblica, in edicola oggi:




Ghada Abdel Aal, 30 anni, ha aperto un blog che spopola in Egitto

Racconta le avventure per trovare un buon partito. E ora esce un libro

LA BRIDGET JONES ARABA VUOLE IL VELO E UN MARITO




La Bridget Jones del mondo arabo ha 30 anni, viso dolce e occhi scuri. Porta un grande anello - non di fidanzamento, naturalmente - e non ama essere chiamata Bridjet Jones. "All'inizio - dice - non sapevo neanche chi fosse. Tantomeno conoscevo Sex and the City. Da noi questi film non sono trasmessi". Eppure sfuggire all'etichetta è difficile: Ghada Abdel Aal è la giovane donna che per prima in Egitto ha osato infrangere il tabù del silenzio, raccontantdo pubblicamente la corsa disperata di migliaia di sue coetanee e delle loro famiglie per accaparrarsi un buon marito. Lo ha fatto in un blog (http://wanna-b-a-bride.blogspot.com) che racconta le avventure sue e delle sue amiche - tutte inglobate nel personaggio di Bride, sposa in inglese - e che è un susseguirsi di personaggi assurdi e situazioni imbarazzanti: dalla zia Ficcanaso al potenziale fidanzato che interrompe l'incontro con la famiglia per guardare una partita di calcio, fino al "bello e possibile" che si scopre essere un ladro. Ma che, fra un sorriso e l'altro, dipinge una società in cui - per usare le sue stesse parole - "le ragazze esistono solo perché qualcuno le sposi. Ma non devono essere loro a cercare qualcuno. Né tantomeno parlarne".

E' così che, a differenza dell'eroina di Helen Fielding o delle quattro newyorkesi uscite dalla penna di Candace Bushnell - divertenti e provocatorie ma certo non rivoluzionarie - Ghada ha davvero sfondato il muro delle convenzioni sociali. Diventando molto più che un fenomeno di costume. In tre anni il blog ha avuto più di 500 mila contatti, i post sono diventati un libro e presto saranno anche dei fumetti e una serie televisiva. I diritti sono stati acquistati in Germania e in Gran Bretagna, oltre che in Italia, dove la casa editrice Epoché è stata la prima a dare a Ghada una voce fuori dai confini del suo Paese.

Il successo ha colto questa farmacista tramutata in scrittrice impreparata: "Avevo bisogno di sfogarmi - racconta - avevo perso le mie migliori amiche, che si sono sposate. Non avevo più nessuno a cui raccontare le mie disavventure alla ricerca di un marito e così ho iniziato a scriverle su internet. Mi aspettavo pochi lettori e molti insulti, perché ho usato un linguaggio molsto schietto, ho rivelato molti dei "trucchi" di noi ragazze e ho detto cose che gli uomini non vorrebbero sentire. Invece sono arrivati i ringraziamenti: dei ragazzi, che dicevano di aver finalmente capito molte cose. E delle coetanee, che si sentivano meno sole".

Post dopo post Ghada ha puntato i riflettori su una questione sociale sempre più evidente in Egitto: paralizzati dalla crisi economica e da un tasso di disoccupazione superiore al 9% (quello ufficiale: ma esperti indipendenti parlano del 20%) e con un 20% della popolazione che vive sotto la soglia della povertà, i giovani sulle rive del Nilo si sposano sempre più tardi. E se per un ragazzo restare a casa è noioso ma onorevole, una ragazza che superi la soglia dei 27 senza anello al dito entra automaticamente nella categoria delle zitelle. Quelle che "hanno per forza qualcosa di sbagliato, altrimenti perché non se le piglia nessuno?", come scrive Ghada. Ai tre milioni di donne egiziane oltre i 35 anni che non sono sposate e a quelle che si avvicinano a questa soglia, Abdel Aal ha dato una voce. Che ora rimbomba come un'eco: dopo il suo successo sono nati gruppi su Facebook dedicati alle "zitelle", un blog e una radio intitolati "Voglio divorziare" e un magazine dedicato a chi ha un matrimonio fallito alle spalle.

Difficile immaginare che la valanga sia stata innescata da questa giovane donna con i capelli coperti da un velo nocciola. A prima vista, infatti, l'aria timida non corrisponde allo stile pungente del blog e del libro: "Quando scrivo sono molto più spigliata", ammette lei. Questa dicotomia le ha creato non pochi problemi: "Ora - sorride - è ancora più difficile trovare un fidanzato. Uno dei pochi che si è fatto avanti cercava Bride, non me: mi ha chisto perché ero così diversa dalle cose che raccontavo. Ho capito che neanche lui è quello giusto." Nonostante tutto Ghada non smetterà di cercare: "Voglio avere dei figli e in Egitto non c'è altra via oltre al matrimonio. E chissà, magari un giorno un uomo ni stupirà". Di certo, promette, le nozze non saranno la fine del blog: "Se mai succederà magari mi metterò a scrivere della vita da sposata. Sono certa che di cose da raccontare ce ne sarebbero". Per non parlare del fatto che in tv i sequel sono di gran moda.

5 commenti:

  1. Fino quasi alla soglia degli anni cinquanta (forse anche oltre), anche da noi, superati i 25 anni, una donna era considerata una zitella. Chi è nato dopo gli anni sessanta magari non lo sa, ma è così. Ma sarebbe sufficiente domandare alle persone over 70 per avere conferma. Poi le cose sono cambiate, forse in meglio o forse in peggio, diciamo che siamo passati da un estremo ad un altro e che, a volte, tutta questa libertà disorienta e la gente non sa bene che farsene. Ho letto il libro di Ghada tutto d'un fiato, non riuscivo a staccarmi dalle pagine. Fra le righe della sua divertente ironia ho colto anche un pò di amarezza per una società che, soprattutto per quanto riguarda le donne, impone uno schema di vita: senza il matrimonio non vali niente, anche se sei laureata. E invece il valore di Ghada sta nell'avere avuto coraggio e bravura nel dare voce alle tante donne che, superati i trent'anni, non hanno un marito e che per questo, complice il tessuto sociale nel quale vivono, hanno perso autostima e fiducia in se stesse. Onestamente non trovo tante analogie con Bridjet Jones ma ancora meno con le protagoniste di Sex and the city. Anzi, con queste ultime direi proprio che il paragone è fuori luogo. Nel libro di Ghada il sesso non è nemmeno vagamente accennato! Comunque "Che il velo sia da sposa" è un libro che merita di essere letto: è un modo molto divertente per capire meglio la società egiziana senza tutti quegli stereotipi ai quali siamo abituati.
    Ciao :-)

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  2. Be', da noi comunque essere madri, mogli e in carriera è ancora complicatissimo. Se poi scopri che dopo tutti i tuoi sbattimenti tuo marito se la fa con il trans di turno, hai voglia l'autostima!

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  3. Cara Rossana,

    finalmenteeeee!!!! Sono pienamente d'accordo con te, su tutto quello che hai scritto! Non sai quanto mi faccia piacere che non sono la sola a pensare che certi paragoni e certe interpretazioni siano state forzate e dettate dai nostri stereotipi. Ho vissuto per un anno al Cairo, ho tradotto il libro di Ghada per la mia tesi e con l'occasione ho avuto modo di parlarne con ragazzi e ragazze. Li ho ascoltati e ho fatto domande, ho scoperto che quella era soltanto la punta di un iceberg...è per questo che mi arrabbio quando vedo che si travisa, si "ridicolizza" e quasi si offende...quando sai che le cose sono diverse da come gli altri pensano ti da fastidio se le persone si rifiutano di interrogarsi e cercare di approfondire. Ti ringrazio, ciao ciao,

    Chiara

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  4. Le cose sono un po' più complesse, e anche tristi, di così, almeno per il momento. Alcuni dei giornalisti che hanno parlato del libro hanno ventennali esperienze di vita nel mondo arabo, parlano perfettamente la lingua, alcuni sono stati corrispondenti di diverse guerre. Nel nostro piccolo, se davvero avessimo pensato che il testo di Ghada fosse contenutisticamente "occidentalizzato", non l'avremmo pubblicato, così come non abbiamo pubblicato diversi titoli che ci sono stati proposti. Perché allora il bisogno di utilizzare categorie di questo tipo? Non certo perché nessuno abbia capito il senso del testo o abbia travisato il ruolo di Ghada. È che altrimenti difficilmente se ne sarebbe parlato, e quindi ancora più difficilmente qualcuno l'avrebbe letto. Certo, nel migliore dei mondi possibili sarebbe bello veicolare le idee esattamente come sono e avere un meritato riscontro. In questo mondo, invece, diventa complicato. Però, se il risultato che si raggiunge è che il libro di Ghada venga letto e venga inteso nel suo giusto modo (come ha fatto Rossana, che ringrazio), diciamo che la scommessa non è persa. E i diversi giornalisti (o almeno alcuni) a questo mirano, e cioè che i lettori vadano a prendersi il libro e ne traggano un'opinione personale.

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